Maria Fidone a Modica, crolla un mito della guida Slow Food

Maria Fidone a Modica, crolla un mito della guida Slow Food

di Paolo Rubera

Frigintini (Modica) 02/06/2024. “Fatti a nomina e va curcati”, dice un proverbio siciliano (Fatti il nome e vai a dormire). Questo detto popolare si può, di fatto, applicare alla trattoria “Maria Fidone” a Frigintini, frazione rurale del Comune di Modica. Il locale lo si trova, anche quest’anno, nella guida Slow Food 2024 ad affermare la volontà di continuare l’offerta  gastronomica con i prodotti del luogo in cui opera. Le pietanze della giornata sono quelle riportate nella guida gastronomica di Slow Food. Menù fisso, senza possibilità di scegliere alternative, prenotazione almeno un giorno prima. Si è iniziato con il tradizionale antipasto, che rispecchia le consuetudini locali: arancino, tomasini di ricotta (scacce), pagnottina condita con olio, scacce di pomodoro,  melanzane e verdure. Tutto deliziosamente buono con sapori semplici e rispettosi della cultura locale. Cosa diversa per il seguito che è sopraggiunto, dai ravioli di ricotta ai cavatelli al sugo di carne mista a pezzi, dal secondo di carne con contorno a un ulteriore secondo di coniglio alla stimpirata, per non parlare del dolce finale,  gelo di limone o, in alternativa,  budino di mandorle. Il pranzo è stato accompagnato da un vino di produzione locale, dal sapore sembrava dovesse essere  un Nero d’Avola (o Calabrese). Prima di entrare nel merito dei piatti, vorrei spendere  due parole sull’ambiente. Un contesto essenziale sostanzialmente gradevole, ma con un’ accoglienza spartana da mensa aziendale.

Incominciando dai ravioli e cavatelli al sugo di maiale, il giudizio, complessivo è negativo. I fagottini ripieni di ricotta vaccina non erano per nulla saporiti, come se mancassero gli altri due componenti del composto, il formaggio grattugiato (Grana Padano DOP o meglio ancora un Caciocavallo ben stagionato) e la noce moscata. Sembravano prodotti semi-industriali che è possibile reperire in qualsiasi supermercato sotto casa. Invece, i cavatelli risultavano discretamente cotti, accompagnati, bisogna ammetterlo, da un buon ragù di carne di manzo, polpa di maiale e salsiccia. A seguire  due secondi piatti: una fetta, grigliata, di carne bovina e una costatina ripiena di maiale con un contorno di spezzatino patate e carote; per finire coniglio alla stimpirata.

A tale riguardo, qualcosa deve essere successo di necromantico, nel tragitto tra la cucina e sala ristoro. Nel piatto c’era pochissima carne di coniglio, praticamente solo ossa. Non è che, per caso, a far sparite la carne dal piatto sono stati gli spiriti della terra e il loro corrispettivo inferiore? Dire “cunigghiu à stimpirata” è andare incontro ad un’ esagerazione paradossale.  Non c’era  il sapore pungente tipico di un agrodolce ben fatto e non c’era neanche la carne.

Altra nota da rilevare è l’offerta riportata sulla guida Slow Food anno 2024. Fra i piatti proposti, dal locale, vi è il “pollo ripieno” una pietanza domenicale che ricorda i bei tempi andati. Piatto che non si trovava nel menu fisso della giornata, cosi come altri piatti: i lolli con macco di fave, o i cavatelli alla norma. Una questione di scelte. Ma, giustificare la non presenza del pollo, anche dietro specifica prenotazione, adducendo che non si poteva servire in quanto non c’erano prenotazioni sufficienti (venti richieste) ci è sembrato un tantino pretestuoso considerato che il menu è sempre fisso e per quella domenica si poteva accontentare anche una sola richiesta. Oppure sarebbe stato più appropriato scrivere nella guida una postilla che specificasse la questione. Non è la prima volta che recensisco un locale che aderisce a Slow Food, per la precisione quattro. Escludendo uno dei quattro, in tutti gli altri riscontro incongruenze. Questi locali hanno aderito alla politica di Slow Food che si condensa nell’espressione “Salvaguardare i sapori gastronomici, le materie prime e le culture locali”. Personalmente non ho trovato nessuna tracciabilità delle materie prime dei prodotti impiegati né l’origine di provenienza territoriale. Sarebbe una maggiore attrattiva oltreché una formula di garanzia per gli avventori attenti alla politica del Km 0 e ai metodi di coltivazione  biologica.  Mi chiedo, per concludere, se Slow Food effettua periodici controlli per verificare il rispetto dei protocolli d’intesa con la stessa associazione o concede di default l’inserimento nella propria guida anche a chi non ha le caratteristiche specifiche?

paolo rubera

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