Legittimità e opportunità dell’indagine di Fanpage
di Salvo Germano
In questi giorni il mondo politico è in subbuglio in seguito alle indagini di Fanpage per far uscire il genio dalla bottiglia o meglio, per usare una espressione più mediterranea, scoperchiare il vaso di Pandora all’interno di una parte del movimento di Gioventù Nazionale di Fratelli d’Italia.
È emerso che durante le riunioni interne, alcuni di questi giovani si fanno il saluto fascista, gridano Heil Hitler, rivendicano la libertà e l’orgoglio di essere dichiaratamente fascisti, di odiare i disabili, le persone di colore e gli ebrei, anche quando questi si trovino nelle file dello stesso partito come parlamentari.
I dirigenti nazionali, a partire da Giorgia Meloni, Guido Crosetto e Ignazio La Russa hanno prontamente preso le distanze da tali dichiarazioni, e da ciò che è emerso dalle indagini portate avanti da una giornalista di Fanpage, che sotto copertura, ha smascherato con video e audio l’acclarato orientamento fascista e antisemita, di alcuni esponenti di Gioventù Nazionale.
Senza questa inchiesta non sarebbero venuti alla luce comportamenti e pratiche estremiste all’interno del primo partito italiano.
Atteggiamenti radicali apparentemente in contrasto con la presidente del consiglio, Giorgia Meloni, che da Bruxelles si è smarcata e difesa.
Per questa vicenda due dirigenti di Gioventù Nazionale hanno dovuto rassegnare le dimissioni.
Elisa Segnini ha lasciato l’incarico nella segreteria della deputata meloniana Ylenja Lucaselli. Mentre Flaminia Pace, dirigente di un circolo romano di Gioventù Nazionale, si è dimessa dal suo ruolo per affermazioni di radicalismo estremo anche contro la stessa deputata ebrea Ester Mieli di Fratelli d’Italia.
Evidenti frasi nostalgiche e razziste e apologia del fascismo. Principi contrari alla nostra Costituzione.
Tuttavia, la premier pur avendo condannato l’episodio, ha parlato di “regime,” in quanto, secondo lei, non esiste alcun precedente nella storia della Repubblica, in cui qualcuno abbia osato registrare all’interno di una sede di un partito politico. Quindi se da un lato stigmatizza i comportamenti estremisti dei giovani militanti, che nella manifestazione di destra Atreju, non ha esitato a dire che essi sono il suo orgoglio, dall’altro contesta la legittimità dell’indagine, appellandosi al presidente Sergio Mattarella.
In questo caso la Meloni sembra avere la memoria corta perché i precedenti ci sono, e come se non ci sono!
Il Giornale di Feltri e Sallusti fu artefice di una indagine a carico di Alleanza Nazionale e della famiglia di Fini per la casa di Montecarlo. In quel caso furono utilizzati mezzi investigativi fiscali, catastali e patrimoniali in Italia e all’estero.
È singolare che un giornale di destra si adoperi ad utilizzare strumenti investigativi nei confronti di un uomo politico di destra. In seguito a questa indagine Fini venne condannato in primo grado insieme ad alcuni suoi familiari.
L’indagine de Il Giornale di dieci anni fa cambiò lo scenario politico, poiché lo scandalo, determinando la fine politica di Fini, favorì la leadership della Meloni che in quel caso non parlò di “regime.”
Anche Renzi e la sua famiglia furono oggetto di indagini che certamente hanno nociuto all’immagine dell’ex presidente del Consiglio.
Che ben vengano le indagini e i report dei giornalisti d’inchiesta, rivolti a mettere in luce gli illeciti e le deformazioni ideologiche nel mondo politico. Le ombre e i lati oscuri, grazie ad indagini del genere, emersero anche in seno alla Lega per i rimborsi elettorali utilizzati in modo illecito.
In base all’articolo 21 della nostra Costituzione i giornalisti e la stampa sono liberi di indagare politici e partiti, purché vengano riportate verità inconfutabili suffragate da prove certe.
Del resto il discrimine tra una democrazia e un regime autoritario è proprio la libertà di stampa.
I cittadini e l’opinione pubblica hanno il diritto di conoscere il modus operandi dei partiti, ma soprattutto ciò che essi vogliono nascondere.
Pertanto il presidente Meloni male ha fatto ad intervenire, tra l’altro non tempestivamente sulla vicenda e a ruggire maldestramente a Fanpage e alle sue legittime indagini, che rivelano un profondo abyssus in alcune frange del maggiore partito d’Italia.