FRANCESCO, UN PAPA ANTIANIMALISTA
Salvo Germano
È appena trascorso il 4 ottobre, giorno in cui si festeggia la Giornata Mondiale degli Animali.
Tale data non è del tutto casuale perché è il giorno in cui la Chiesa cattolica celebra la nascita del fraticello d’Assisi.
L’iconografia medievale e giottesca, in particolare, lo ha spesso rappresentato insieme ad uccelli, lupi e colombe.
La predica agli uccelli è un affresco di Giotto che si trova nella basilica superiore di Assisi.
Francesco parla ai lupi e non li teme.
Ama il creato tutto, compreso il mondo animale che va amato, poiché Dio ha donato loro i rudimenti del pensiero e una gioia imperturbata. Lui predica: “Non siate voi a turbarla, non li maltrattate, non privateli della loro gioia, non contrastate il pensiero divino”.
E a tal proposito, trovo paradossalmente congiunturale, che questo Pontefice abbia scelto proprio il nome di San Francesco che, in epoca medievale, si presenta come l’antesignano delle tematiche a favore del rispetto e dell’amore verso gli animali, (creature di Dio) per i quali le associazioni animaliste storcono il naso per le ormai ripetute, reiterate affermazioni di Francesco, l’ultima delle quali, il 25 settembre scorso: “pochi bambini, bisogna bastonare l’Italia. Si preferiscono cani e gatti”.
A maggio 2023 il Papa si rifiutò di non benedire il cagnolino di una signora.
Lo racconta Egli stesso, intervenendo agli Stati Generali della Natalità a Roma.
Nel corso dell’udienza del mercoledì in Piazza San Pietro, una donna gli si avvicinò chiedendogli: “Lo benedice il mio bambino?”.
Dentro la borsa c’era il suo cagnolino.
Il Papa stesso racconta di non aver avuto pazienza e di averle sbottato: “Tanti bambini hanno fame e lei col cagnolino”.
L’amore si può esprimere in tante forme e, credo, darne anche agli esseri a quattro zampe, nulla toglie a nessuno.
Allora, quell’episodio, suscitò l’ira di alcuni animalisti.
Ciò impone una profonda riflessione sull’amore come scelta consapevole ed individuale. Scelte Inoppugnabili, indeclassificabili, perché portano i semi di una coscienza nei cui anfratti della psiche umana, neanche il Sommo Pontefice può inalarsi, specie se di mezzo c’è l’agape, nel senso greco del termine, come amore puro, piuttosto che all’attrazione fisica, suggerita da eros. Esatto, quell’amore puro che si può dare ad una creatura animale, e, altrettanto puro, quello da essa ricevuto.
C’è chi dà amore agli animali perché non può biologicamente avere figli.
C’è chi lo dà perché non vuole avere figli.
C’è poi chi dà amore e dà amore anche ai propri figli. Le sfumature dell’amore hanno diverse connotazioni e motivazioni diverse.
Credo che tutte queste affermazioni afferenti all’umano sentire verso gli animali e ai figli siano legittime, e che soprattutto non fanno male a nessuno.
Mi sento di dire, ad esempio, che io ho accudito i miei due bracchi ungheresi a modo mio, ed abbia dato loro, non solo affetto, ma anche Amore, la cui perdita ho dovuto elaborare come un lutto. Affermo questo non sentendomi affatto un alieno.
Non è la prima volta che il Papa, che porta il nome del Santo indicato dalla Chiesa come patrono degli animali, esprima la sua personale avversione, ponendosi su un piano sbagliato, sul fatto che esistano persone che provino un amore intenso verso gli animali domestici o da compagnia.
Già nel 2022 Francesco (papa) stigmatizzava il fatto che la gente non volesse avere figli ma avesse dentro casa dei cani e altri animali domestici.
Essi occuperebbero – secondo il Pontefice – il posto dei figli, negando la maternità e la paternità, come se ciò togliesse umanità e la civiltà diventasse più vecchia. Si deupaperasse.
Io credo che il Papa abbia commesso prima un errore logico, poi poca finezza pastorale, e scarsa sensibilità.
Come se la fame di tanti bambini nel mondo, fosse co – relazionata all’attenzione che un essere umano dedichi al proprio animale.
Sarebbe opportuno disgiungere le due cause, addotte chiaramente a motivazioni completamente diverse.
Rifletto un attimo: e se la signora avesse perso un figlio o una figlia e quel cane fosse la sua compagnia?
E se la signora amasse semplicemente quel cane da volerlo proteggere secondo la sua credenza religiosa con il gesto tradizionale come la benedizione?
Perché no?
Nel 2018, però il Papa bandendo una macchina da Formula Uno elettrica, non ha fatto il gioco del benaltrismo, di chi elude un problema, sostenendo che ce ne sono altri, più gravi da affrontare?
Ecco il benaltrismo del Pontefice, che vuol far credere che la fame dei bambini non giustifichi la benedizione di un cagnolino nella borsa della signora. E quanti bambini affamati si sarebbero potuti salvare con il costo di quell’auto? Un auto merita la benedizione e un cane o un gatto, no?
Collegare questi due fenomeni, significa non conoscere la complessità che si nasconde dietro al calo della natalità.
Tanto per citarne alcuni, la mancanza di welfare, l’infertilità dovuta a diversi fattori climatici ed ambientali, persone che pur volendoli moltissimo, non riescono ad averne o non possono permetterseli economicamente, una cultura patriarcale mai superata.
Il messaggio di contrapposizione fra il valore degli animali e quello degli essere umani, che Francesco fa passare è completamente sbilenco, rivelando uno sbeffo, da un lato, e la scarsa sensibilità dall’altra, per chi nutre un sentimento forte verso il proprio cane, gatto, coniglio o qualsiasi altro animale.
Così facendo la Chiesa dimostra di non aver compiuto nessun passo avanti, dimenticando che la base della dottrina cristiana è il logos, il verbo che è amore. Ma l’amore deve essere senza “misura” come diceva Sant’Agostino e senza specismo e senza sensi di colpa a chi ai figli preferisce cani e gatti.
Allora che fil rouge c’è tra Francesco Santo che chiamava gli animali “fratelli e sorelle” e Francesco Papa, che sembra aver smarrito il senso logico e semantico delle affermazioni, più volte ribadite, che non lasciano scampo ad una battuta, seppur di cattivo gusto, ma una concezione dottrinale e pastorale della Chiesa senza precedenti. Penso al cane grigio, èl gris, in piemontese di San Giovanni Bosco che lo protesse per più di trent’anni.
Inoltre secondo l’Oipa, (Organizzazione internazionale protezione animali) «è un vero peccato per tutte le famiglie con animali, leggere continuamente affermazioni di un Pontefice che contrappone esseri viventi gli uni agli altri, che sembra censurare l’amore per le altre specie».
Gli animali sono esseri sensienti e come tali hanno un’anima, un sentire che li avvicina all’umano a differenza del quale, manca solo il verbo, quello stesso che avrebbe dovuto tacere il Sommo Pontefice per non portare smarrimento e sensi di colpa a chi ama follemente il proprio animale. E se proprio dobbiamo parlare di animali, dovremmo spesso riferirci ai tanti umani guerrafondai che portano l’umanità verso il baratro.